Il Mondiale ci piace perche è eccezionale

Il Mondiale ci piace perche è eccezionale

Gianni Infantino, presidente della FIFA, ha messo sul piatto, già da qualche mese ormai, una proposta di Mondiale biennale. Strenuo sostenitore di questa idea, in qualità di responsabile dello sviluppo mondiale del calcio dalla FIFA, Arsène Wenger. Insomma, uno che di calcio ne ha masticato parecchio.

A riportare il dibattito agli onori della cronaca ci ha pensato Aleksander Čeferin, presidente della UEFA, che sul tema in questione si è così esposto: “Mi sembra un’idea incredibile da proporre con un calendario già così pesante”. Lo stesso, ha lasciato poi intendere una comunione di intenzioni tra la UEFA e la CONMEBOL, entità sovranazionale sudamericana (equiparabile alla UEFA).

L’idea di un Mondiale più frequente nasce da un sondaggio condotto dalla FIFA che vedrebbe il 64% dei tifosi favorevoli a questa ipotesi. Interessate, poi, sarebbero anche le confederazioni dell’Africa, dell’Asia e del Nord America. In particolare, queste intravedono, d’intesa con la FIFA, degli spiragli per lo sviluppo di questo sport nei loro territori.

I benefici, secondo i sostenitori della riforma del Mondiale, si estenderebbero anche alla crescita economica dei singoli paesi ospitanti la competizione. Dall’altro lato, i detrattori hanno stimato una perdita per le leghe nazionali di circa 8 miliardi di euro a stagione tra diritti televisivi persi, accordi commerciali e incassi da giorni di gara svaniti.

Dopo aver cercato di ripercorrere in maniera più oggettiva possibile le fazioni e le idee contrastanti, di seguito alcune mie personali considerazioni sul perché il Mondiale dovrebbe rimanere nella sua formula attuale.

Federico Buffa, nel cappello introduttivo delle puntate della serie “Storie Mondiali”, ripeteva sempre: “I Mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà”. La competizione per me, oltre ad avere valenza sportiva, ha una valenza fortemente storica. Ciò si concentra nella bellezza di poter raccontare il periodo storico attraverso aneddoti sportivi destinati a durare in eterno. Basti pensare, ad esempio, alla rivincita argentina contro l’Inghilterra nel Mondiale ’86 quasi a vendicare il nefasto esito della guerra delle Falkland.

Al di là dei meri sentimentalismi, il Mondiale consente di mettere in relazione l’operato delle varie federazioni calcistiche nel corso degli anni. Capire se, in un lasso di tempo non breve ma neanche troppo lungo, il singolo Paese abbia o meno registrato una crescita sportiva e, dunque, di valutare il proprio operato.

La ricorrenza biennale del Mondiale sarebbe un mezzo per “riempire i buchi”, già molto stretti, dei calendari. Non riesco, infatti, a figurarmi come, in presenza di calendari già pieni fino all’orlo e che necessitano di una drastica riduzione delle partite, possa solamente pensarsi di inserire nuovi tornei biennali.

A quanto detto, si deve aggiungere il problema della costruzione delle infrastrutture. Rendere un Paese attrezzato per ospitare una competizione del genere richiederebbe senz’altro anni e un’ingente numero di lavoratori impiegati. Questi ultimi, come accaduto nei lavori preparativi dei Mondiali di Qatar 2022, si trovano spesso a dover lavorare in condizioni pietose.

In conclusione, riducendo il lasso di tempo che intercorre tra due Mondiali non si farebbe altro che rompere la magia che ruota attorno a questa competizione. L’attesa è un elemento caratterizzante e ci fa meglio apprezzare la kermesse.

Il tutto, ovviamente, andrebbe a discapito dei calciatori che, secondo questa logica, dovrebbero giocare una competizione estiva ogni anno, inficiando questo fattore inevitabilmente sul loro rendimento.

Non abbiamo bisogno di più partite, semmai di partite giocate meglio.

Rocco Nicita, La mezzaluna di Ronaldo